To Rome with Love...err...with clichés!!


Woody Allen, lo so che non te ne fregherà niente, ma stavolta hai fatto un buco nell’acqua!


Reduce dalla visione dell’ultimo film di Allen mi posso definire delusa e derubata, delusa per la scarsissima qualità del film e derubata dei 6 euro che ho ingenuamente speso.
Qualche risata c’è stata ma almeno per quanto mi riguarda sono state tutte abbasanza  tirate e poco genuine.
Le quattro storie raccontate sono a dir poco superficiali, l’unica che posso salvare e alla quale almeno sono riuscita a dare un senso è stata quella con Benigni, le altre solo un susseguirsi ininterrotto di clichè e luoghi comunissimi.
Iniziamo con il “fatale” incontro tra la bella turista americana e il giovane avvocato romano elegante, cosmopolita e pure socialmente impegnato. Non poteva che scaturirne una storia d’amore, naturalmente lampo, tanto che in poche settimane arrivano i genitori a conoscere i futuri suoceri. Ovviamente nascono i primi contrasti, e qui almeno mi sarei aspettata dialoghi arguti, scambi di battute sferzanti e sardoniche, ma niente, tutto portato avanti nella più assoluta monotonia, così come il poco credibile talento nascosto del consuocero talmente ben nascosto da funzionare solo in una precisa circostanza: sotto la doccia! Naturalmente, però, nonostante i piccoli scontri tutto si risolve per il meglio e la serenità torna a risplendere piena sulla coppia.
Passiamo ora all’episodio che vede protagonisti tre ragazzi, due innamorati studenti americani a Roma e l’amica “femme fatale” della ragazza che vola nella capitale dopo una cocente delusione d’amore. E cos’altro può succedere se non il tentativo di seduzione da parte di quest’ultima nei confronti del giovane aspirante architetto che non può far altro
che perdere la testa per l’amica la quale francamente, della grande seduttrice non ha molto e ricorre a mezzucci poco originali e facilmente smascherabili per conquistare l’ingenuo malcapitato che inebriato da colte citazioni e dalla passione ardente che la ragazza ostenta per tutto ciò che di artistico le capita sotto mano, si lascia  abbindolare come naturalmente tutti avrebbero previsto.
Poi abbiamo la storia della coppietta sprovveduta che arriva a Roma per un’occasione di lavoro. La moglie si perde per Roma, cade tra le braccia di un famoso attore e poi tra quelle di un ladruncolo di alberghi, il marito invece si ritroverà suo malgrado coinvolto in un malinteso con una prostituta che poi fingerà di essere la moglie per salvare il salvabile con i parenti e alla fine di questa lunghissima giornata dopo un bel doppio tradimento i due coniugi si ritrovano finalmente insieme, e ancora “e vissero tutti felici e contenti”. Questo episodio devo dire li supera tutti, è ampiamente oltre il limite dell’assurdo, tanto che mi mancano persino  le parole per definirlo.
Alla fine arriviamo all’unica vicenda alla quale almeno ho potuto attribuire un significato e l’unica che mi ha fatto fare qualche sorriso sincero: quella con Benigni che interpreta la parte di un comunissimo uomo medio travolto da un’inaspettata quanto immeritata notorietà. Episodio questo, che può essere letto come un’ironica critica nei confronti della società di massa di oggi nella quale si diventa famosi, ammirati e desiderati pur non avendo fatto nulla per guadagnarselo, ma nonostante lo spunto interessante non riesco a capire in che modo questa storia sia attinente con Roma in particolare. E’ forse un sottile modo per dirci che solo in Italia abbiamo incapaci e inetti che si conquistano la notorietà senza motivo?! Beh se questo è il caso  Woody non vorrei deluderti ma non é che gli Stati Uniti siano immuni da questa avvilente realtà! Se invece il messaggio non era questo mi continuo a chiedere che cosa c’entri questa storia con Roma, ma soprattutto con le altre diversissime da questa per tema. Inoltre personalmente non ho apprezzato particolarmente il fatto che siano stati presentati quattro episodi completamente slegati tra loro, forse perchè le pellicole corali di solito finiscono per essere superficiali e banali e questa di certo non ha fatto eccezione.
E la battuta di chiusura del “romano DOC”, che si dopo essersi auto-proclamato vero conoscitore delle tante storie che affollano la città eterna ci esorta a scoprirle con lui suona più come una minaccia che come un invito!

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